Recensione di Nemici. Una storia d’amore di Isaac Bashevis Singer – Adelphi

Nemici – una storia d’amore

–Isaac Bashevis Singer    –

Herman pensò al detto yddish secondo il quale dieci nemici non riescono ad infliggere a un uomo il danno che egli è in grado di infliggere a se stesso. Eppure sapeva di non agire da solo; c’era sempre il suo nemico occulto, il suo demone avversario. Invece di distruggerlo rapidamente, il suo nemico continuava a inventare per lui torture nuove e sconcertanti” 

 

Formato: Copertina flessibile

Genere: Romanzo
Pagine: 257
Editore: Adelphi


Giudizio Sintetico


Nato e cresciuto in una famiglia di rabbini ed ebrei devoti,  Isaac Bashevis Singer scrisse sempre in yddish le sue opere,  mescolando elementi mistici, demoniaci, ma anche profondità dei sentimenti umani e fragilità interiori.

Premio Nobel per la letteratura nel 1978, Singer ha prodotto una varietà di scritti numerosa e particolarmente variegata per genere e contenuti, caratterizzata invece da uno stile narrativo che risulta inconfondibile.

Alcune delle sue opere sono state adattate per il cinema, tra queste “Nemici – una storia d’amore” nel 1989,  romanzo pubblicato in Italia grazie ad Adelphi edizioni.

Un giorno, a una domanda sull’importanza che aveva avuto l’amore nella sua vita, Isaac Bashevis Singer rispose: «Grandissima, perché l’amore è amore della vita. Quando ami una donna ami la vita che è in lei». Ma che genere di amore è quello che lega Herman, il protagonista di Nemici, a Jadwiga, la contadina polacca che lo ha salvato dalla deportazione nascondendolo per tre anni in un fienile, nutrendolo e curandolo, e che lui ha portato con sé a New York e ha sposato? E che genere di amore lo lega a Masha, la donna, scampata ai lager, del cui corpo non riesce a fare a meno, ma che percepisce come una minaccia – perché quel desiderio, più che alla vita, si apparenta alla morte? Ed è ancora amore il sentimento che lo lega alla moglie Tamara, che credeva morta e che gli riappare davanti all’improvviso? Di fronte a simili domande Herman è paralizzato, incapace di trovare una via d’uscita. A rendere tutto molto, molto più complicato è la fatica quotidiana del vivere, in quella New York che è sembrata un miraggio di felicità, ma che si rivela ogni giorno più inospitale e più aspra. Il lettore segue Herman nei suoi affannosi, sconclusionati andirivieni dal Bronx a Coney Island e da Coney Island a Manhattan, chiedendosi se e come riuscirà a tirarsi fuori da quella specie di guerra che le sue tre donne gli hanno dichiarato, e soprattutto dal groviglio di un’esistenza fatta di continue menzogne, sotterfugi, goffaggini e fughe – o se, come il Bunem di Keyla la Rossa, finirà per cedere alla tentazione di disperare di Dio.

 

Potrebbe essere la trama perfetta per una commedia esilarante, se non fosse che i protagonisti sono “spezzati” dai traumi che hanno caratterizzato tutti i sopravvissuti all’Olocausto.

Avvicinandoci ai pensieri e alle lotte interiori dei personaggi di questo romanzo, si sente tutta la forza di quella ricerca di equilibrio che permetta di sopravvivere dopo aver visto la propria vita violentata, distrutta e aver trovato rifugio in un nuovo paese dove ogni cosa deve essere lentamente ricostruita.

Herman Broder è un uomo ossessionato dai ricordi, sembra essere rimasto con la mente nel fienile della moglie e salvatrice Jadwiga durante la guerra; è ossessionato dai ricordi e pare sempre in attesa di catastrofi e nazisti da affrontare.

Conduce una vita di sopravvivenza, ossessiva, senza impegno e senza fare i conti con la realtà; ha costruito una nuova esistenza basandola su bugie e relazioni amorose, arrivando a complicare la quotidianità irrimediabilmente, dando la colpa di difficoltà, insuccessi e sofferenze a quel Dio che ha abbandonato il genere umano ma soprattutto gli ebrei.

Se la moglie e salvatrice Jadwiga vive da auto reclusa, l’amante Masha non è disposta a vivere nell’ombra, e tutto si complica quando ricompare la moglie Tamara, creduta morta, a caricare la posta in gioco.

Come un cappio attorno al collo, la vita di Herman sembra un paradosso, un intersecarsi di scelte dettate dall’incertezza, dalla debolezza dell’animo umano e dalla paura di perdere tutto.

Come un affamato che acquista scorte di cibo non necessarie per paura di rivivere la fame, Herman sembra voler circondarsi d’amore e complicazioni per non rivivere la solitudine, la sofferenza e l’abbandono.

Con una trama lineare e l’obbiettivo puntato sull’animo umano, personaggi che rappresentano le variabili della debolezza dell’uomo, dell’autodistruzione e delle differenti vie di rinascita, “Nemici  – una storia d’amore” è una bellissima analisi introspettiva, un susseguirsi di pensieri e riflessioni da sottolineare e apprezzare anche se considerate esterne alla storia.

Potente e protagonista anche la religione, usi e tradizioni ma anche controsensi del mondo ebraico che viene raccontato in modo limpido, con tutte le contraddizioni e i lati oscuri poco conosciuti.

Ho apprezzato molto lo stile narrativo di Singer, ho amato il personaggio di Tamara e il lungo dialogo con Tortshiner , le riflessioni e le evoluzioni inaspettate della trama.

Un romanzo variegato, una storia piena di sofferenza e fascino dove spesso i più grandi nemici dei protagonisti sono i protagonisti stessi.


Isaac Bashevis Singer (il cui vero nome è Icek-Hersz Zynger) nasce il 14 luglio 1904 a Radzymin, nei pressi di Varsavia (ai tempi territorio dell’Impero Russo), figlio di un rabbino chassidico. Trasferitosi da piccolo a Varsavia, trascorre parte della propria adolescenza nel villaggio di Bilgoraj (vi si stabilisce con la madre durante la Prima Guerra Mondiale), dove il nonno materno è rabbino. Dopo aver ricevuto un’educazione di stampo ebraico, studiando su testi in aramaico e in ebraico, entra nel 1920 nel Seminario Rabbinico di Tachkemoni: lo abbandona poco dopo, per tornare a Bilgoraj.

Si mantiene dando lezioni di ebraico e lavorando per la rivista “Literarische Bleter” del fratello Israel come correttore di bozze. Traduce in yiddish alcuni lavori di Thomas Mann, Gabriele D’Annunzio e Erich Maria Remarque, e intraprende una relazione amorosa con Runia Shapira, che gli darà un figlio, Israel. Tra il 1933 e il 1935 Isaac B. Singer lavora presso la rivista “Globus” come condirettore e autore di diversi racconti; scrive, inoltre, “Satana a Goray”, romanzo pubblicato a puntate ambientato negli anni seguenti al 1648 (data della ribellione cosacca di Chmelnycki), in cui viene narrata la storia del massacro di ebrei di un villaggio nei pressi di Bilgoraj, con gli effetti che il bando di Sabbatai Zevi ha sulla popolazione locale.

Nel 1935 Isaac entra nel gruppo di lavoro di “Forverts”, quotidiano yiddish per il quale fa da corrispondente estero. Sono gli anni, però, dell’antisemitismo: per questo è costretto a emigrare negli Stati Uniti, lasciando la moglie (nel frattempo divenuta comunista) e il figlio, che si trasferiscono a Mosca.

Giunto a New York dopo aver soggiornato in Germania e in Francia, Singer lavora con vari pseudonimi per il “Jewish Daily Forward”, sul quale pubblica il romanzo a puntate “Il Messia pescatore”. Nel 1940 sposa un’immigrata tedesca, Alma Haimann, impiegata in un negozio di abbigliamento; in quel periodo iniziano a diffondersi le prime traduzioni in lingua inglese dei sui lavori. Diventato cittadino americano nel 1943, Isaac B. Singer scrive per il giornale “La famiglia Moskat” fino al 1948.

Nel 1957 pubblica “Gimpel l’idiota”, la sua prima raccolta di racconti in lingua inglese, mentre nel 1960 dà alle stampe “Il mago di Lublino”, che sarà anche trasposto al cinema alla fine degli anni Settanta: la storia è quella di un mago lussurioso e della sua evoluzione, in vista di un’auto-reclusione come forma di espiazione. Dopo avere scritto il romanzo “Lo schiavo”, nel 1964 Singer viene nominato al National Institute of Arts and Letters, unico membro americano che non scrive in inglese; nello stesso periodo diventa un sostenitore del vegetarianesimo.

Sul finire degli anni Sessanta pubblica “La fortezza” e “La proprietà”, mentre al 1972 risale “Nemici: una storia d’amore”. Nel 1975 riceve una laurea ad honorem dalla Texas Christian University, mentre tre anni più tardi vince il Premio Nobel per la Letteratura: è il 1978, anno di uscita del romanzo “Shosha”, che racconta una storia d’amore ambientata negli anni Trenta in Polonia.

Dopo aver realizzato il volume di memorie “Ricerca e perdizione”, nel 1983 l’autore pubblica “Il penitente”, cui fa seguito, cinque anni più tardi, “Il re dei campi”; nel frattempo, dà alle stampe anche la raccolta di racconti “La morte di Matusalemme e altre storie”. Isaac Bashevis Singer muore il 24 luglio 1991 a Miami, in Florida, dopo una serie di infarti: il suo corpo viene seppellito a Emerson, al Cedar Park Cemetery. Il suo ultimo romanzo, intitolato “Anime perdute”, uscirà postumo nel 1994.


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