Recensione di “Diario Russo” di John Steinbeck con le fotografie di Robert Capa

Diario russo

– John Steinbeck con le fotografie di Robert Capa –

 

La politica russa è importante quanto la nostra, ma ci deve essere poi tutto il resto, laggiù, esattamente come c’è qui. Deve pur esserci una vita privata dei russi, della quale non sapevamo nulla solo perché nessuno ne scriveva mai o la fotografava mai.

 

Formato: Copertina flessibile

Genere: Reportage
Pagine: 317
Editore: Bompiani


Giudizio Sintetico


Sicuramente conoscerete John Steinbeck e Robert Capa ma, se così non fosse, si possono riassumere come uno dei massimi esponenti della letteratura americana, il primo, e uno dei fotografi (soprattutto di guerra) più celebri, il secondo.

Nel 1947, John Steinbeck è seduto in un bar e riflette sui progetti futuri quando dalla porta entra RobertCapa, anche lui libero da impegni perché con un libro in stampa.

Inizia un confronto critico sulle notizie riportate dai giornali e sulle migliaia di parole spese per la Russia; dalle mosse di Stalin allo stato maggiore, dall’esercito agli esperimenti atomici, dai missili a tanto altro.

Notizie, fiumi di notizie, mai sottoposti a smentita. Ma qualcuno ha mai raccontato del popolo russo? Di cosa mangia, di come passa le giornate, come vive, come si innamora, come si canta o balla e come si va a scuola?

Ed ecco un’idea balenare nelle menti dei due: organizzare un viaggio in quella lontana Unione Sovietica per conoscere il popolo russo, avvicinarlo e capire se, tutto ciò che era sulla bocca di tutti (e che spesso quei tutti non avevano visto con i propri occhi) corrispondesse alla realtà.

Nel 1946 Winston Churchill annunciò che una ”cortina di ferro” era calata sull’Europa orientale. Già l’anno seguente poteva dirsi iniziata la Guerra fredda, che sarebbe durata più di quarant’anni. In quel clima lo scrittore John Steinbeck e l’amico fotografo Robert Capa decisero di partire insieme per un viaggio alla scoperta di quel nemico che era stato l’alleato più forte nella seconda guerra mondiale: l’Unione Sovietica. Ne emerse un resoconto onesto e privo di ideologia sulla vita quotidiana di un popolo che non poteva essere più lontano dall’American way of life. Le pagine del diario e le fotografie che raccontano la vita a Mosca, Kiev, Stalingrado e nella Georgia sono il distillato di un viaggio straordinario e un documento storico unico di un’epoca, salutato dal New York Times come ”un libro magnifico”. 

Caratteristica principale di Steinbeck è sicuramente la semplicità e chiarezza del linguaggio utilizzato per narrare, questo pregio lo incorona immediatamente narratore ideale per un viaggio che prende per mano il lettore  e lo conduce nell’Unione Sovietica del secondo dopoguerra.

Il tempo in cui questo reportage prende vita, è una grande parentesi tra due eventi fondamentali della storia: la devastazione seguita alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale e la cortina di ferro che sta lentamente scendendo sul mondo.

Quando partì per l’Unione Sovietica, Steinbeck in patria era considerato un “classico fuori moda”,  questo portò i due a non ricevere segnalazioni dalla madre patria o a far scattare allerte nel paese di destinazione.

Capa, in quanto ebreo, e quindi parte di gente sospetta in quel di Russia anche dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, è comunque libero di muoversi con una certa libertà.

Il viaggio viene organizzato dal VOKS, l’ente preposto per l’organizzazione di scambi culturali con l’Occidente, e prevede un tour tra Mosca, l’Ucraina, Stalingrado e, infine, la Georgia.

Dai voli infiniti e per nulla stabili alle cene nei ristoranti, dalle notti nei fienili ai balli nelle sere d’estate, dalla ricostruzione delle città al lavoro ininterrotto delle fabbriche, dalla forza delle donne alle mutilazioni degli uomini: il reportage racchiuso in “Diario russo”, creato grazie all’unione di una valigia di taccuini di Steinbeck e alcune delle migliaia di fotografie scattate da Capa, è il racconto di due uomini, di un viaggio, di un popolo, di una nazione, di un pensiero, di un sogno e di uno sguardo verso il futuro.

Con grande equilibrio e naturalezza, Steinbeck e Capa disegnano storie che arrivano al cuore, senza ragionamenti o giudizi ma solo con capacità descrittiva eccelsa che arriva al cuore.

Sembra di essere parte del viaggio, vien voglia di maledire gli aereoporti russi e sentire la nausea dopo un mese di Vodka, sembra di essere parte dei confronti sulle due nazioni e pare possibile perdersi a contemplare panorami che vengono descritti (con eleganza innata) in maniera minuziosa e poetica.

Ho gustato fino in fondo ogni pagina di questo reportage, ho voluto assaporare ogni parte del racconto e sorridere della quotidianità di questa coppia improbabile unita per un viaggio di grande importanza.

Un libro che è fonte attendibile e autentica di una parentesi silenziosa tra due importanti periodi storici del novecento; una parentesi di fiato sospeso dove due uomini sono stati capaci di unirsi ad un popolo, amarlo e sentirlo più vicino di quanto potessero immaginare.

Se il mondo avesse lasciato gestire la politica a Capa e Steinbeck, di certo quella cortina di ferro non sarebbe calata sulle teste dell’intero globo.


John Steinbeck: Autore di numerosi romanzi e racconti, è uno dei massimi esponenti della letteratura americana e della cosiddetta “Generazione perduta”.
Dopo aver frequentato la Stanford University senza mai laurearsi, compare sulla scena letteraria con opere minori finché non raggiunge la notorietà con Pian della Tortilla (1935) a cui seguono molti romanzi racconti e saggi tra cui Uomini e topiLa lunga vallataFurore – opera grazie a cui Steinbeck riceve il Premio Pulitzer -, La luna è tramontataLa valle dell’EdenQuel fantastico giovedìViaggio con Charley. Nel 1962 gli viene conferito il Premio Nobel per la letteratura.

Robert Capa e’ stato il prototipo del fotografo di guerra : la sua fu una vita spericolata, fatta di donne, grandi bevute, ed attrazione fatale per il pericolo. Era consapevole del fascino del proprio personaggio, che attraeva allo stesso tempo belle donne ed approfittatori.

Robert Capa nasce a Budapest nel 1913. Il suo vero nome era Endre Ernő Friedmann, che fu costretto a cambiare durante un periodo di clandestinita’ in Francia. E‘ considerato il primo e piu’ famoso fotografo di guerra, e documento’ cinque diversi conflitti : la guerra civile spagnola (1936-1939), la seconda guerra sino-giapponese (che seguì nel 1938), la seconda guerra mondiale (1941-1945), la guerra arabo-israeliana (1948) e la prima guerra d’Indocina (1954).

Studio’ Scienze all’Universita’ di Berlino fra il 1931 ed il 1933, quando dovette lasciare la Germania nazista a causa delle sue origini ebraiche. Autodidatta, inizio’ come assistente di laboratorio e inizio’ a fare il fotografo freelance quando si trasferi’ a Parigi.

La sua fama esplosa durante la guerra civile spagnola, grazie alla famosa foto  “ Il miliziano colpito a morte”, di cui ancora oggi si discute l’autenticita’.

Robert Capa si interesso’ anche di cinema.  Nel 1936 giro’  alcune sequenze per il film di montaggio “Spagna 36” diretto da Jean Paul Le Chanois e prodotto da Luis Bunuel. · La relazione con l’attrice Ingrid Bergman permise  a Capa di scattare alcune foto sul set del film “Notorious” (1946) di Alfred Hitchcock. ·

Nel 1947 assieme a Henri Cartier-Bresson, David Seymour, Georges Rodger e William Vandivert fonda l’ agenzia fotografica “Magnum Photos”.

Come la storica compagna Gerda Taro, mori’  facendo il suo lavoro, saltando su una mina in Vietnam nel 1954.


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