Recensione Ora che eravamo libere di Henriette Roosemburg

Ora che eravamo libere

–  Henriette Roosemburg 

Niente come tornare in un luogo rimasto immutato ci fa scoprire quanto siamo cambiati.
(Nelson Mandela)

Formato: Copertina flessibile

Genere:  Romanzo 
Pagine:  276
Editore: Fazi Editore

Giudizio Sintetico


Sopravvivere alla guerra, alla deportazione e al carcere, scampare a una condanna a morte e ritrovare la libertà tramite un lento e accanito ritorno verso casa, restare in vita per testimoniare e non far dimenticare un’esperienza che ha coinvolto migliaia di resistenti contro la barbarie nazista: tutto questo è “Ora che eravamo libere”, l’intenso memoir che la giornalista olandese Henriette Roosenburg pubblicò nel 1957 e che, grazie all’immediato successo presso i lettori americani, documentò in modo diretto la Nacht und Nebel, la terribile direttiva emessa nel dicembre 1941 da Adolf Hitler volta a perseguitare, imprigionare e uccidere tutti gli attivisti politici invisi al regime nazista. Nata nel 1916 in Olanda, Henriette Roosenburg aveva appena cominciato l’università quando si unì alla resistenza antinazista. A causa della sua attività come staffetta partigiana prima e giornalista poi, nel 1944 fu catturata, imprigionata nel carcere di Waldheim in Sassonia e condannata a morte. Nel maggio dell’anno successivo, venne liberata assieme ad altre sue compagne di prigionia, iniziando un lunghissimo viaggio per tornare a casa, un’autentica odissea attraverso la Germania sprofondata nel caos di fine conflitto. In mezzo a soldati alleati che presidiano il territorio, nazisti in fuga e tedeschi diffidenti o addirittura ostili perché ancora fedeli al regime, tra innumerevoli astuzie, baratti e peripezie, le protagoniste di questa estenuante via crucis riusciranno alla fine a riabbracciare le proprie famiglie in patria. Procedendo in modo limpido e preciso e con una lingua duttilissima ma priva di sbavature, guidata dall’urgenza dell’affermazione dei fatti accaduti, Henriette Roosenburg ci offre non solo un momento cruciale della propria personale esistenza, ma soprattutto un poderoso affresco della tragedia che ha coinvolto milioni di vite durante e immediatamente dopo la seconda guerra mondiale. Bestseller negli anni Cinquanta, ai tempi della prima uscita americana, questo potente memoir viene oggi riscoperto a livello internazionale.

Ho letto tantissimi libri sulla Seconda Guerra Mondiale, saggi storici, romanzi, biografie, storie di personaggi che la Storia l’hanno vissuta, subita, a volte anche deviata con le loro decisioni.
Ho letto storie di vincitori ma anche di vinti per avere una visione completa ed esaustiva ma, da sempre, ciò che più mi colpisce sono le testimonianze di sopravvissuti che, per etnia, colpe o idee, hanno dovuto sopportare la deportazione e arrivare ad un passo dalla morte per poi risalire faticosamente per giungere ad una nuova vita segnata sempre e per sempre dal passato.
Il memoir di Henriette Roosenburg ci porta a conoscere la prigionia da attivista politica, imprigionata insieme ad altre donne perché staffetta partigiana sul confine olandese.
A seguito della direttiva di Hitler del 1941, uomini e donne invisi al regime venivano imprigionati e condannati a morte e questa fu la condanna per la ragazza che, insieme ad altre compagne, si trovò in Sassonia prigioniera dell’attesa, costretta a sopravvivere senza poter conoscere il quando e il come la fine sarebbe arrivata; ma prima della condanna arrivò la fine della guerra e con essa la libertà. Sebbene possa sembrare l’epilogo più semplice, queste pagine ci portano a scoprire la difficoltà di essere in terra straniera, di non avere nulla per sopravvivere, di dover fare i conti con la paura e il sospetto nei confronti dei nuovi occupanti e di coloro che prima erano i carcerieri e ora disponibili tedeschi, ma soprattutto del desiderio di poter tornare a casa senza avere mezzi e aiuti da parte di nessuno.
Una storia di legami, amicizie, forza interiore e grande spirito che ci accompagna in un romanzo narrato con spiccata franchezza e speranza, pagine ricche di dolore ed emotivamente spiazzanti che infondono però grande senso di giustizia e amore nei confronti di quelle unioni familiari che attendiamo di poter leggere.
Pagine emozionanti che parlano forza fisica ma soprattutto interiore che pagina dopo pagina ci portano a conoscere situazioni diverse e disparate e a capire, da un punto di vista che ancora non conoscevo, la fatica di essere liberi dopo aver perso tutto.
Un racconto ricco di emozioni e situazioni disparate che torna, meritatamente, ad essere riscoperto a più di cinquant’anni dalla pubblicazione.

Henriette Roosenburg
Quando scoppiò la seconda guerra mondiale era studentessa di Lettere. Audace e avventurosa, prese subito parte alla resistenza olandese: lavorava per la stampa clandestina e aiutava le persone ad attraversare il confine. All’inizio del 1944 fu catturata dai nazisti e condannata a morte per ben tre volte. Emigrata in America dopo il conflitto, morì nel 1972 a New York dopo un’appassionata carriera giornalistica che la vide diventare una delle firme di maggior prestigio del «Time».


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