Recensione de “Le donne del Castello” di Jessica Shattuck

Le donne del castello
Jessica Shattuck


Formato: Brossura
Genere: Romanzo Storico
Pagine: 477
Editore: Harper Collins


Giudizio Sintetico

La comandante delle mogli e dei bambini, l’aveva definita Connie. Allora si era sentita sminuita da quelle parole, che la escludevano dalla cospirazione seria. Ma nel corso degli anni successivi era giunta a interpretarle diversamente: lei era l’ultimo uomo rimasto in piedi, l’agente in incognito a cui erano state affidate le chiavi.

 I romanzi storici sono sempre piacevoli compagnie per conoscere e rievocare avvenimenti anche poco piacevoli, pezzi del puzzle di quel passato che è utile e fondamentale non dimenticare.
In genere la panoramica su ciò che è stato, ci viene data dai vincitori, da uomini valorosi che hanno affrontato indiscusse brutalità per poi rievocarle come monito per le nuove generazioni.

La prima particolarità di questo romanzo è proprio nella diversità del protagonista; non un uomo, non un vincitore, ma una donna, Marianne, tedesca e quindi parte di quei milioni di abitanti della Germani che a guerra finita, nel 1945, hanno dovuto fare i conti con le atrocità nascoste di un regime che tutti, più o meno, hanno appoggiato.

Si poteva scorgere l’anima di una persona sul suo viso? Marianne e Albrecht ne avevano parlato spesso. , aveva sostenuto lei. Tu non hai capito che Hitler era malvagio dal primo istante che l’hai visto in foto? Albrecht non ne era sicuro, Se tanto era ovvio, osservava, come ha fatto a ingannare il resto della Germania?


La storia inizia nel 1945, la guerra è finita e Marianne è vedova con tre figli, due femmine e un maschio e deve portare a termine una missione: trovare le vedove degli eroi che, con suo marito Albrecht, hanno organizzato e fallito un attentato ai danni di Hitler nel Luglio 1944.
Le mogli di traditori non hanno avuto trattamenti dignitosi e Marianne fatica a trovare le consorti di chi ha provato a liberare il paese dal terrore e dalle atrocità del nazismo.
La protagonista troverà solamente Benita, a cui porterà il figlio scomparso, moglie dell’amico d’infanzia Connie e ideatore del piano, e Ania e i suoi due figli, moglie di un altro eroe della resistenza di cui sa poco e niente.
Le donne andranno a vivere nel castello del marito di Marianne, Burg Lingenfeld, e qui dovranno convivere con la diversità dei loro caratteri, con i pensieri del passato, l’omertà del presente e i progetti e sogni futuri.
Marianne prigioniera del ricordo del marito, giudicatrice del presente a discapito di chi le è attorno, preoccupata che non sia data sufficiente memoria e importanza alle atrocità.
Benita vittima del dolore, della separazione dal figlio, delle violenze subite ma capace di innamorarsi e di non voler pensare al passato ma guardare al futuro con la speranza di ricominciare.
Ania, misteriosa ma operosa, riflessiva sul futuro dei figli , pedina importante ma custode di un segreto.
Una cittadina dove ogni abitante deve fare i conti con ciò che ha fatto finta di non vedere, sentire e che ora bussa alla porta chiedendo il conto.
Una vita che va avanti, come il tempo, che scorre ma che non cancella, la voglia di ricominciare e rialzarsi… .

Il direttore mosse di scatto la bacchetta verso l’alto e l’orchestra reagì. La musica – era la nona di Beethoven – investì i presenti con una raffica; violini, trombe, un’esplosione abbastanza forte da cacciare pensieri e preoccupazioni dalla mente. Ricordava la guerra: i rimbombi dei passi, lo sferragliare dei carri armati, il sibilo crepitante degli aeroplani sopra la testa, l’esplosione di una granata. Tutti erano seduti sull’attenti, si aggrappavano alle panche. Una musica più sommessa, più dolce che avrebbe potuto farli crollare. Sarebbero scoppiati a piangere e non si sarebbero fermati più […] la musica aveva agitato i più duri sedimenti della loro memoria, li aveva sfregati contro strati di orrore e vergogna, e aveva offerto un raro conforto nella condivisione di rabbia, sofferenza e colpa.

Nel corso della narrazione, tra un futuro che si disegna e la drammaticità della rievocazione di spiacevoli avvenimenti, salti nel passato ci raccontano i dettagli delle storie di tre donne che prima vivranno sotto lo stesso tetto e poi si separeranno, provando a disegnare nuove rotte che però non le separeranno mai del tutto.
Le evoluzioni della vita delle protagoniste prenderanno pieghe e destini inaspettati e la storia non sarà, per una volta, scritta dai vincitori.
L’ultima parte del romanzo, ambientata nel 1991, sarà commovente e chiarificatrice.
Ci racconterà il lascito delle protagoniste, sulla loro vecchiaia e su ciò che è stato il progresso per loro come per i nostri nonni, coloro che hanno maturato una scorza inscalfibile perchè spettatori di inaudite crudeltà.

Un romanzo meraviglioso, un lavoro durato sette anni che l’autrice dona al lettore attraverso una visione nuova di un periodo così buio della storia.
Lucido, variegato, dove non è la simpatia della protagonista a incantare (a tratti là si odia perfino) ma la profondità e la drammaticità del racconto, la forza del presente, il potere del coraggio e la bellezza della voglia di riscatto.
Un romanzo storico illuminante per la cura, i dettagli e le diverse angolazioni da cui si “vive” la storia dei protagonisti e dell’umanità.
Un racconto di vissuto e di speranza, un punto di vista che ci consente di aprirci a riflessioni profonde e toccanti.

Nel retro di copertina troviamo un commento di Jamie Ford, autore de “Il gusto proibito dello zenzero” che ci dice “Che cosa avrei fatto io, se fossi stata nei panni delle protagoniste?
E’ questo che ci lascia l’autrice, una miriade di riflessioni a cui dovremmo dare risposta per capire o provare ad interpretare le difficoltà e i rimorsi con cui i tedeschi, o parte di loro, ha dovuto convivere per tutta la vita, dalla fine della guerra in poi… .
Un romanzo di donne, per donne e non, capace di toccare il punto più sensibile dell’animo e riportare esperienze ed essenze di un popolo che ha fatto male alla storia umana ma di cui bisogna conoscere un lato della medaglia poco considerato.
Autore: JESSICA SHATTUCK

 Americana, dopo la laurea a Harvard e l’MFA alla Columbia University ha scritto racconti e articoli per diversi quotidiani e riviste nazionali tra cui il New York Times, il Boston Globe, il Sun e il New Yorker. Attualmente vive a Brookline, Massachusetts, con il marito e i tre figli.

Il suo primo romanzo, I rischi della buona educazione, è stato pubblicato in Italia da Neri Pozza (2004)

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