Recensione “La cattiva strada” di Sébastien Japrisot – Adelphi –

La cattiva strada

– Sébastien Japrisot  –

Tutt’a un tratto Denis rimpianse le preghiere che recitava una volta, gli slanci che aveva verso Dio e la pace che provava anche lui nel sentirsi puro. Adesso invece era un disgraziato, sporco, turpe, un dannato. Negli ultimi giorni aveva commesso i peggiori peccati, era stato addirittura sacrilego, eppure non aveva il minimo rimorso.” 

 

Formato: Copertina flessibile

Genere: Romanzo
Pagine: 220
Editore: Adelphi



Come si riconosce la cattiva strada? Come si fa a decidere di non intraprenderla se sappiamo possa essere l’unica via per raggiungere la felicità? Ci sono dei limiti all’amore?

L’autore sembra voler “svegliare” il pensiero delle persone legate a dei canoni di accettazione, nei confronti dell’amore, preconfezionati.

Lo fa con una storia estremizzata, con protagonisti scelti non casualmente e scavando l’anima di essi ma anche del lettore che sarà portato ad affrontare numerose riflessioni.

Questa è la storia di un amore. Un amore indomabile, travolgente. E innanzitutto proibito. Quello che lega un ragazzo appena quattordicenne a una suora che di anni ne ha ventisei. La passione che vivono, fino in fondo e senza rimorsi, queste due giovanissime creature viene raccontata con candore e precisione, senza compiacimenti e senza moralismi, da uno scrittore che all’epoca ha solo diciott’anni. In questo romanzo dotato di una grazia quasi prodigiosa (e che inevitabilmente ci fa pensare a un altro romanzo, pressoché perfetto, opera di un adolescente: Il diavolo in corpo di Radiguet) percepiamo, tra Denis e suor Clotilde, una tensione erotica palpabile, bruciante: e ogni qualvolta ci sono loro due, soltanto loro due, la pagina è come illuminata. Gli altri – genitori, autorità scolastiche, gerarchie ecclesiastiche – faranno tutto quanto è in loro potere per opporsi a quell’amore. Ma non vi è migliore risposta dell’epigrafe apposta al libro dall’autore stesso: «Credi nel tuo Dio se puoi, ma credi soprattutto nella vita. Se la tua vita dimentica il tuo Dio, tieniti stretta la vita…». Non è un caso che Emmanuel Carrère abbia definito Japrisot «un grande scrittore», «uno dei più originali del suo tempo».

“La cattiva strada” riesce a sollevare nel lettore una quantità di dubbi estremamente alta: l’amore è sempre lecito? Possiamo davvero accettare la totale libertà di questo sentimento?  quanto la moralità è condizionabile? Quanto la nostra coscienza risponde a concetti acquisiti e non ad una limpida  libertà di pensiero? Quanto l’amore può essere lecito, se intervengono forze astratte che impediscono una visione razionale del sentimento e della situazione? Può l’amore essere una colpa?

Potrei continuare per ore, questo romanzo ha scatenato in me numerose ed infinite riflessioni legate all’amore, raccontato da millenni, cantato dai poeti e osannato da tutti (fino a quando non interferisce con la nostra moralità!).

La trama, che racconta la nascita, il rifiuto, l’accettazione e l’opposizione dell’amore tra un ragazzo quattordicenne (alunno di una scuola di gesuiti) e una giovane suora, pone alta l’asticella dello sforzo richiesto al lettore per comprendere, affrontare e non giudicare il percorso di Denis e Claudie.

Ignorato alla pubblicazione (1950) e riscoperto oggi, ci permette di fare un confronto maturo e importante sull’evoluzione del pensiero, della moralità e della libertà avvenuto in più di sessant’anni.

Ho apprezzato molto le varie fasi dell’amore, in grado di trasmettere la potenza di questo sentimento che, anche se con forza osteggiato, riesce come un fiume in piena, a rompere gli argini e conquistare ogni respiro, ogni attimo, ogni pensiero.

Le crisi di coscienza, l’impossibilità di accettare un amore impossibile, il rapporto con Dio e la religione, l’indifferenza ai sentimenti e ai rapporti umani della famiglia fino a quanto non si tocca l’onore, sono tutti argomenti di grande portata, di grande interesse umano affrontati attraverso una storia che, secondo me, ha voluto trovare nei protagonisti la chiave estrema di questa condizione.

Denis è un ragazzo di quattordici anni che non ha paura di lottare, non cerca di osteggiare questo amore anzi, “sente la primavera” per la prima volta, non sa che l’uragano di sentimenti che vede crescere sono frutto di un amore viscerale; matura, non ha paura e  rappresenta l’uomo che lotta per ciò che desidera, per ciò di cui ha bisogno.

Claudie di contro è adulta, è stata obbligata ad intraprendere la strada del noviziato, non sa cosa sia l’amore al di fuori del rapporto fedele con Dio, combatte, ignora e cerca di soffocare questo amore che però si impossessa di lei e la porta a fare scelte coraggiose, ponendosi al giudizio della comunità in modo coraggioso.

Il romanzo è interessante, coinvolgente (anche se perde ritmo nella parte centrale), a tratti estremizzato nelle scelte e nella voluta sfida religiosa, ma utile per riflettere, osservare la libertà di amore, pensiero e coscienza e la sua evoluzione.

Japrisot ne ha voluto fare un principio religioso, un rapporto di sfida tra uomo e Dio, tra peccato e libertà, tra coscienza e preziosità della vita.


Sébastien Japrisot, pseudonimo anagrammatico di Jean-Baptiste Rossi, è stato un traduttore, sceneggiatore e regista. Molti dei suoi romanzi sono stati adattati per il cinema. A Cattiva Strada, pubblicato per la prima volta nel 1950 e tradotto per Adelphi nel 2018, venne conferito nel 1966 il Prix de l’Unanimité.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *