Recensione “Anna L’inferno in una bottiglia” di Martina Longhin

Anna. L’inferno di una bottiglia

– Martina Longhin –

“Stella girò lentamente la testa e guardò la figlia: la stava fissando seria, con la fronte corrugata, la mascella contratta e un’espressione dura.

Sospirò con amarezza: non era giusto che Anna fosse costretta ad assistere continuamente a tutta quella violenza, a quella brutalità; non era giusto che una bambina di dodici anni consigliasse a una madre di lasciare il proprio padre; e soprattutto non era giusto che una figlia provasse odio nei confronti del papà, l’odio che lei vedeva in quel momento nei suoi occhi”

Formato: Copertina flessibile

Genere:  Romanzo
Pagine: 235
Editore: YouCanPrint (auto pubblicato)


Giudizio Sintetico


Se cercate un libro tutto lustrini e colori pastello questo non fa per voi, se volete invece sensibilizzare, avvicinarvi e toccare con mano il drammatico mondo domestico della violenza sulla donne, “Aanna l’inferno in una bottiglia” può fare al caso vostro.

Attraverso fatti realmente accaduti, Martina Longhin ha creato un romanzo graffiante, doloroso e permanentemente drammatico, un insieme di parole che non permette, a chi decide di inserirsi nella trama, di girare la testa, di non vedere ciò che accade quando, per esempio in una casa, la vita domestica si trasforma in un incubo reso tale da chi dovrebbe, prima di tutti, proteggere la propria famiglia.

Anna è una giovane ragazza che dovrebbe vivere una vita serena e spensierata come tutti i suoi coetanei, ma questi sono privilegi che a lei, fin da bambina, non sono mai stati concessi.Stella, sua madre, è legata a un uomo violento e geloso da cui non riesce a separarsi e per Anna maltrattamenti e soprusi fanno parte della quotidianità… finché un giorno tutto nella sua vita cambia.Una storia forte, una storia realmente accaduta.

Ci sono diversi elementi che caratterizzano questo romanzo e cercherò di analizzare tutte queste diverse sfumature sradicando gli insiemi che ne raccolgono i frammenti.

Sicuramente Martina Longhin ha volutamente creato un romanzo forte, doloroso e incentrato su una storia difficile da accettare, affidando la narrazione agli occhi innocenti di una ragazzina, una figlia che deve assistere alle violenze del padre nei confronti della madre. La sensibilizzazione sul tema della violenza domestica sulle donne non poteva non passare da una storia vera, racconto di una giovane ragazza che rivive anni passati e presenti di violenze, aggressioni e impossibilità della madre di dire “Basta!”.

Purtroppo, proprio le storie vere, raccontano con maggior lucidità ciò che crediamo impensabile, cose che, riflettendo su noi stesse, crediamo non possano mai avvenire, o che invece crediamo di poter controllare.

La storia di Anna ci mette di fronte a tanti interrogativi, a ipotesi su noi stesse, sulla nostra forza ma anche sulle soluzioni possibili qualora dovesse succedere un simile evento.

La condizione della donna, di fronte a certe storie, sembra essere ferma da secoli, ci sono nicchie in cui il tempo sembra essere cristallizzato a ipotetiche superiorità di sesso che vengono avvalorate dai fumi dell’alcool, da famiglie spesso assenti e dall’immobilità di chi sa ma non fa nulla.

Relativamente al contenuto della trama, forza, attualità, dolore e una continua scia drammatica con pochi spazi di speranza, rendono la lettura non sempre semplice da affrontare, poiché riesce a far male e lascia interdetti.

La poca determinazione delle famiglie, le promesse mai mantenute di un uomo violento, la gelosia come scusante e l’annullamento di una donna per un motivo incomprensibile, questi sono i principali temi trattati in questo forte romanzo.

Martina Longhin ha creato questo libro per cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica, attraverso la conoscenza di una storia vera che narra con lucidità e potenza un passato reale, una vita davvero vissuta attraverso percorsi caratterizzati unicamente da ombre e paure, timori e cieco perdono.

La narrazione semplice, senza pretese, è accessibile a chiunque, presenta qualche imprecisione  e un ritmo molto a rotazione del racconto.

Sono però ugualmente convinta che la sottolineatura vada inserita per il contenuto e la grande prova nel voler sensibilizzare il lettore nei confronti di un fenomeno che, purtroppo, è ancora così presente e preoccupante, un flusso di violenza che, essendo chiusa tra le mura di casa, sembra rendere ciechi tutti quelli che, vicino a quelle mura, passano quotidianamente.


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