Recensione “La ragazza del Kyūshū” di Matsumoto Seichō

La ragazza del Kyūshū

– Matsumoto Seichō –

 

Formato: Copertina flessibile

Genere:  Poliziesco, Noir
Pagine: 208


Giudizio sintetico


In un mattino di primavera una giovane donna entra nello studio di un illustre penalista di Tokyo. È Kiriko. Ha appena vent’anni, il volto pallido dai tratti ancora infantili, ma qualcosa di inflessibile nello sguardo, «come fosse stata forgiata nell’acciaio». Non ha un soldo e ha attraversato il Giappone dal lontano Kyūshū per arrivare fin lì, a implorare il suo aiuto. Il fratello, accusato di omicidio, è appena stato arrestato, e Kiriko è la sola a crederlo innocente. L’avvocato rifiuta il caso: non ha tempo da perdere, tanto meno per una difesa che dovrebbe assumersi senza essere retribuito. Kiriko si scusa con un piccolo inchino, esce dallo studio e così come è arrivata scompare. Il fratello verrà condannato e morirà in carcere qualche mese dopo, poco prima che l’esecuzione abbia luogo.
È solo l’antefatto da cui prende il via questo gelido noir di Matsumoto. Dove un caso-fantasma, ripercorso nei minimi dettagli, lascia spazio a una vendetta esemplare che si fa strada da lontano. E mentre ogni colpa – consapevole o inconsapevole – viene pesata accuratamente, come su una bilancia cosmica, una tensione impalpabile, un «rumore di nebbia» accompagnano questa storia da cima a fondo. Finché lei, Kiriko, la ragazza del Kyūshū, non otterrà ciò che le spetta.

Avvincente, profondo e in grado di valicare i confini classici del “giallo”: “La ragazza del Kyushu” è un bellissimo libro che, oltre a presentare una trama investigativa di tutto punto, regala un sapiente spaccato sull’animo umano e su alcuni dei suoi sentimenti più profondi, fornendo nello stesso tempo una particolareggiata  e interessantissima fotografia della società giapponese, delle sue dinamiche e delle sue contraddizioni.

La struttura e il linguaggio di Matsumoto Seicho inducono a pensare, così come è accaduto con “Tokyo Express”, ad un libro dei giorni nostri facendo dimenticare al lettore che le pagine che ha tra le mani sono state pubblicate per la prima volta in Giappone nel 1961.

La trama è quella del giallo classico con tinte noir a cui si affianca un’accurata analisi di alcuni sentimenti che albergano nell’animo umano, come il dolore, il rimorso e la vendetta.

La storia (senza svelare troppo…) prende vita dall’incontro tra un noto avvocato di Tokyo e una giovane ragazza proveniente dal Kyushu che si rivolge a lui perchè l’aiuti ad assistere il fratello accusato dell’omicidio di un’usuraia, fatto inizialmente di cui si è accusato ritrattando poi la confessione, delitto, però, che la sorella è sicura che non abbia commesso. L’avvocato Otsuka rifiuta, per ragioni apparentemente di carattere economico… “Tutto il sistema penale è colpevole, se i poveri non possono ottenere giustizia”… , rifiuto che cambierà per sempre la giovane ragazza del Kyushu e la vita dei personaggi che si avvicenderanno e si incontreranno in queste 200 pagine di puro stile giallistico.

E’ anche la storia di alcune “ingessature” della società giapponese che nel 1961 erano la regola e che per molti versi lo sono ancora, lo si evince anche dall’estrazione sociale e geografica dei personaggi protagonisti: la provincia contrapposta alla grande capitale.

Pagine, quelle consegnateci dall’autore, che – in virtù dell’epoca in cui sono state scritte – regalano descrizioni di un’indagine avvincente e condotta con metodi “del passato” più vicini alla memoria di Hercule Poirot che alle caratteristiche narrative dei protagonisti dei gialli moderni, anche il racconto e le scelte stilistiche paiono, per alcuni tratti, vicini alla produzione letteraria della Christie.

E poi, oltre alla caratteristiche del “giallo” perfetto, “La ragazza del Kyushu” è una piacevolissima testimonianza letteraria sul Giappone di oltre mezzo secolo fa, quando il Paese del Sol Levante era ancora considerato quasi un luogo esotico (carattere che, forse gli appartiene ancora oggi…).

Non può non essere letto da coloro che amano i gialli, i noir e le storie profonde in cui le vite dei personaggi si incontrano, si scontrano e si intrecciano tra loro facendo emergere i sentimenti più veri che caratterizzano l’animo umano. E poi va letto da chi, come il sottoscritto, cerca di cogliere in ogni riga degli autori giapponesi, qualche dettaglio su questo meraviglioso Paese.


Seicho Matsumoto (1909-1992) è stato un giornalista e scrittore giapponese. Autore molto conosciuto in patria e vincitore del premio Akutagawa nel 1953, ha scritto oltre 300 romanzi e diversi racconti.
Da alcuni definito il “Simenon giapponese” è stato pubblicato per tre volte nel Giallo Mondadori: La Morte è in Orario del 1957 è l’opera più conosciuta, seguita da Come sabbia tra le dita del 1961 e Il palazzo dei matrimoni del 1998. Le tematiche dei suoi gialli affondano spesso le radici nei problemi sociali giapponesi, il tutto unito ad una predilezione per l’indagine strettamente logica ed intuitiva. Nel 2018 Adelphi ha pubblicato Tokyo Express, apparso nell’edizione originale nel 1958, da cui è stato tratto nel 2007 il film Ten to sen, con Takeshi Kitano.


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