Recensione Zetafobia 2. La città morta

Zetafobia 2. La città morta

– Gualtiero Ferrari –

Formato: Copertina flessibile

Genere: Fantascienza

Pagine:  304

Editore: Delos Digital


Giudizio Sintetico



Sono trascorsi sei anni dalla pandemia di H5N1v2, la mutazione del virus dell’aviaria che ha dato il via all’apocalisse zombie.
Domenico, suo figlio e la moglie Lucrezia, scampati per il rotto della cuffia a orde di non-morti famelici, sono riusciti a sopravvivere fino a oggi.
L’isolamento della famiglia è bruscamente interrotto da un’automobile che si schianta contro una cabina elettrica. All’interno una giovane donna in travaglio sta dando alla luce suo figlio. Appena il bimbo è nato la madre taglia tre pezzi di cordone ombelicale e chiede a Domenico di consegnarli al distretto militare di Torino. Ottenuto ciò che voleva la donna estrae una pistola, uccide il neonato e si spara.
Chi era la donna? Perché quel pezzo di materiale organico è così importante? E soprattutto Domenico e la sua famiglia sono pronti a rischiare tutto per portare a termine una missione di cui non sanno nulla, addentrandosi nel pericoloso territorio della città morta, Torino?

Iniziare una saga dal secondo volume non è sempre facile ma, in questo caso, Gualtiero Ferrari corre in soccorso ai suoi lettori inserendo un riassunto del primo libro per fare il punto sulla situazione apocalittica che troviamo nelle prime pagine di “Zetafobia 2. La città morta”.


Catapultati subito in un mondo difficile da riconoscere, ma pregno di quelle caratteristiche dele storie su zombie, pandemie e non morti a cui ci hanno abituati, troviamo una famiglia coesa e a tratti bizzarra che fa del suo meglio per sopravvivere all’attacco degli zombie cercando anche una dimensione quotidiana dove non mancano discussioni e piccoli attriti.


Sei anni dopo l’inizio della pandemia e dopo la prima grande battaglia alla sopravvivenza avvenuta nel primo romanzo, Domenico, Lucrezia e il figlio adolescente cercano di vivere in un mondo ancora difficile da accettare dove convivono incubi e paure ma anche quell’istinto di sopravvivenza che ci permette di adattarci in ogni situazione.

La provincia Torinese sembra abbastanza tranquilla, tenere alta la guardia è fondamentale, ma un’auto che si schianta contro una cabina elettrica metterà la famiglia di fronte a un enorme interrogativo: intraprendere la missione affidata in punto di morte dalla donna sull’auto andando a Torino, città sicuramente più complessa e pericolosa, o far finta di niente e ridurre il rischio di perdere la vita?

Sono sempre stata attratta da storie apocalittiche, di sopravvivenza e adattamento per quanto la mia esperienza letteraria in questo genere non sia così approfondita.

Le due caratteristiche che fin da subito hanno incoraggiato la lettura e dato il via a quest’esperienza coinvolgente sono state il panorama italiano e quella quotidianità familiare così autentica da sembrare assolutamente credibile anche in un mondo decisamente estremizzato.

Alcune parentesi, come lo “shopping” da viaggio al centro commerciale tra discussioni e frecciatine e altri brevi momenti, hanno saputo dare un tocco di ironia che sembra un ossimoro di fronte alla trama dell’intero romanzo, al contempo ci sono situazioni così truci da riuscire a contorcere lo stomaco.

Saper calibrare le caratteristiche in modo così uniforme ed equilibrato ha incentivato la lettura senza mai permettere cali bruschi nel romanzo.

La narrazione che Gualtiero Ferrari affida al protagonista, un uomo complesso e un po’ prigioniero della sua mente, rende ogni pagina vissuta pienamente, distratta solo da attimi di grande paura è suspance che mettono in discussione l’epilogo dell’intera storia a ogni angolo critico che si incontra.

Ciò che avviene tra le pagine di questo romanzo è imprevedibile e adrenalinico, saturo di organizzazione, scontri e incontri, colpi di scena d un finale che sembra aprire a un futuro terzo capitolo.


Gualtiero Ferrari nasce a Torino nel 1970. Sposato, con un figlio quattordicenne, cresce e vive in questa splendida città, salvo trasferirsi alcuni anni all’estero, per motivi di studio e di lavoro. Parla fluentemente l’inglese, il francese e quel minimo di tedesco necessario a ordinare del cibo caldo e una birra fresca. Di formazione economico-scientifica, più che umanistica, si è avvicinato alla lettura nel corso dell’adolescenza e si è rifugiato nella scrittura, ormai adulto, durante un difficile periodo personale. Attualmente lavora presso un’azienda di meccanica di precisione. Zetafobia, finalista al Premio Odissea, è stato il suo primo romanzo e ha riscosso un lusinghero successo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *