Recensione “Madonna col cappotto di pelliccia” di Sabahttin Ali – Fazi Editore –

Madonna col cappotto di pelliccia

–Sabahttin Ali   –

 

E nonostante la consapevolezza che quel viso mi fosse del tutto sconosciuto, non potevo fare a meno di sentire che l’avevo già incontrata altre volte prima di allora. Quel volto pallido, le sopracciglia scure, gli occhi neri, i capelli castano scuro e, soprattutto, quell’espressione che univa innocenza e determinazione, una personalità forte e un’infinita malinconia, non mi erano certo estranei.

 

Formato: Copertina flessibile

Genere: Romanzo
Pagine: 209
Editore: Fazi Editore


Giudizio Sintetico


Dimenticato per anni e riscoperto casualmente nel 2015, Shabattin Ali ha affascinato l’intera Turchia, conquistata dal romanzo “Madonna col cappotto di pelliccia”  che ha venduto milioni di copie superando il Premio Nobel Pamuk.

La storia, pubblicata nel 1943, due anni prima della morte in circostanze misteriose dell’autore, è ricca di amore e fascino in una Berlino cristallizzata degli anni ’30.

Ci sono incontri casuali in grado di segnare un’intera esistenza. E ci sono storie che restano segrete per una vita intera ma poi, una volta raccontate, fanno il giro del mondo. Quando ad Ankara, negli anni Trenta, un giovane conosce sul posto di lavoro Raif Effendi, viso onesto e sguardo assente, è subito colpito dalla sua mediocrità. Man mano che i due entrano in confidenza, questa prima impressione non fa altro che ricevere conferme: schernito ed evitato da tutti sul lavoro, Raif viene maltrattato persino dai suoi familiari. Quale può essere la ragione di vita di una persona simile? Quale, se c’è, il segreto dietro una vita apparentemente inutile? Il taccuino di Effendi, consegnato in punto di morte al collega, contiene le risposte, raccontando una storia tutta nuova: dieci anni prima, un giovane e timido Raif Effendi lascia la provincia turca per imparare un mestiere a Berlino. Visitando un museo, rimane folgorato dal dipinto di una donna che indossa un cappotto di pelliccia, e ne è così affascinato che per diversi giorni torna a contemplare il quadro. Finché una notte incrocia una donna per strada: la stessa donna del dipinto. Maria. Un incontro che gli sconvolgerà la vita.

Un giovane turco, di cui sappiamo poco e niente, ci apre l’intimità dei pensieri di Raif e del suo taccuino nero, alla scoperta di una storia d’amore capace di annientare l’anima per potenza e immortalità.

Prima dell’epilogo però, la scoperta di un viaggio, della ricerca di stabilità e l’impossibilità di creare rapporti umani, ci spinge a conoscere Raif e la sua ossessione inspiegabile per un dipinto: una madonna con pelliccia che scruta, dalla sua cornice, il curioso visitatore che sembra ipnotizzato, innamorato di una forma astratta.

In un contesto di incertezze e una ricerca inconcludente tra lavoro e inconsistenti rapporti umani, Raif incontra la protagonista del dipinto: se prima appare quasi confuso, come vittima di un’allucinazione, poi si ricrede quando decide di inseguirla e tentare l’incontro che sarà naturale e disinvolto, come due anime che ritrovano casa dopo un vagare senza meta.

Ma cosa succede se, da un incontro che profuma di sentimento e di amore, la donna rifiuta e nega la possibilità di lasciarsi andare all’amore?

La qualità della prosa e del contenuto ci porta a confrontarci con alti livelli di sentimento, di attenzioni, tatto e  analisi dell’amore.

Un romanzo romantico dove i protagonisti sembrano spaesati ma a tratti determinati, uniti dalle caratteristiche distintive della giovane età e guidati dalla voglia di scoperta, frenati  dalle paure che tratteggiano ogni incontro ma impassibili di fronte al magnetico bisogno di incontrarsi di nuovo.

Sabahttin Ali ci parla d’amore con parole delicate, raffinate e armoniose, verità che sembrano non poter essere taciute dai protagonisti che tentennano di fronte ad un sentimento che appare subito dirompente.

Maria  Pruder, la madonna con il cappotto di pelliccia, può apparire anche insopportabile, petulante, eccessivamente insicura ma basterà toccare le ultime pagine per assaporare la commozione e la bellezza nella scoperta delle conseguenze che il vero amore può avere sull’indole più profonda della persona.

Il romanzo è, in poche parole, un’unione equilibrata di incontri e confronti tra i protagonisti; tolto l’incontro e l’epilogo, la parte centrale è densa di dialoghi, parole e sentimenti; una storia adatta a tutti ma consigliata a chi ha desiderio e voglia di confrontarsi con fiumi di dialoghi, confessioni e smentite.

Due persone che sono consapevoli di essere se stesse solamente con l’altro, capaci di aprirsi e confessarsi ma timorose di lasciarsi andare.

Il lettore attende fiducioso, consapevole che, da qualche parte, il meccanismo dell’amore ha irrimediabilmente causato un cambio di rotta.

L’autore ci presenta una storia senza tempo né barriere, un successo arrivato tardi immeritatamente, una confessione, quasi personale, dove Sabahttin Ali ha voluto forse parlare anche di se stesso.

Un romanzo da gustare, scoprire e apprezzare, così come il suo sfortunato autore.


Sabahattin Ali


Autore di romanzi, raccolte di racconti, poesie e articoli a sfondo politico, è stato uno dei massimi esponenti della letteratura turca del Novecento. Comunista convinto, nei primi anni della Repubblica di Turchia fu incarcerato più volte. Morì a 41 anni, ucciso al confine con la Bulgaria mentre cercava di attraversarlo per fuggire in Europa. Quando si sparse la notizia, un quotidiano nazionale pubblicò una foto degli effetti personali di Ali: la sua ventiquattrore, i suoi occhiali e il binocolo, una fotografia di sua moglie e una copia di Eugenio Onegin. Questi oggetti non furono mai restituiti alla famiglia.


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