Recensione “Più donne che uomini” di Ivy Compton Burnett – Fazi Editore –

Più donne che uomini

– Ivy Compton Burnett –

“ Malgrado la violenza dell’accaduto, pareva che egli fosse morto con la stessa discrezione con cui era vissuto. Era come se non fosse accaduto nulla di importante. Non vi fu tanto un vuoto quanto un cambiamento. […] il mattino dopo Josephine scese alla solita ora. Si assicurò che Gabriel avesse dormito e, senza dare risposta in merito a se stessa, raggiunse il tavolo della colazione “.

Formato: Copertina flessibile

Genere:  Romanzo
Pagine: 260
Editore: Fazi Editore


Giudizio Sintetico


Con Più donne che uomini, uno dei suoi romanzi più apprezzati, torna nelle librerie italiane Ivy Compton-Burnett, grande autrice del Novecento inglese che ha raccontato i rapporti fra uomini e donne e le dinamiche familiari con uno stile unico e una sagacia senza pari, conquistando generazioni di lettori, ma soprattutto di lettrici.
In una prospera cittadina inglese a inizio Novecento, un grande istituto femminile è diretto da Josephine Napier, un generale ingioiellato: alta e austera, un viso regale, «vestita e pettinata in modo da esibire i suoi anni, anziché nasconderli». Impeccabile in ogni gesto e in ogni parola, è il punto di riferimento imprescindibile per tutti, le studentesse, il corpo docente e i suoi familiari: il marito Simon, oscurato dalla personalità della moglie, il figliastro Gabriel, il fratello Jonathan, vedovo calato nel ruolo dell’anziano zio e amante segreto ma non troppo di Felix Bacon, giovane sfaccendato. Al gruppo si unisce presto Elizabeth, una vecchia conoscenza di Josephine che viene assunta come governante e porta con sé la figlia Ruth. Le giornate sono scandite da una serie di rituali obbligati e da dialoghi in cui si dice tutto e niente, botta e risposta infiocchettati che in realtà nascondono universi interi. Finché un tragico evento inaspettato fa precipitare ogni cosa, dando vita a una reazione a catena che sconvolgerà le vite di tutti e porterà a galla il lato oscuro di ognuno. Nessuno è chi dice di essere, e dietro alla spessa patina del codice vittoriano si nascondono segreti celati per intere esistenze. Verranno fuori tutti, uno dopo l’altro.
Pagine indimenticabili e soppesate perfettamente, in cui l’umorismo pungente si mescola con la tragedia, e le piccole interazioni quotidiane con i grandi drammi della vita.

Ivy Compton Burnett, in questo primo incontro tra autrice e lettrice, mi ha condotto tra i corridoi luminosi e puliti del prestigioso istituto femminile diretto da Josephine Napier.

Ho avuto modo di conoscere le numerose insegnanti e la famiglia della direttrice, compreso un fratello dai modi singolari, i suoi amici e una vecchia fiamma del marito appena giunta assieme alla figlia.

Siamo ad inizio Novecento e l’ambientazione e un’anonima cittadina inglese.

Queste sono le uniche e stringate concessioni che l’autrice fa riguardo l’ambientazione della sua opera, non sappiamo cosa circonda l’edificio, chi lo frequenti o quali avvenimenti accadano nei dintorni.

Abbiamo solamente Josephine Napier e i personaggi che la circondano in un teatrale susseguirsi di dialoghi che creano e dominano la scena narrativa di “Più donne che uomini”.

Descrivere questo romanzo non è semplice perché rappresentante di uno stile che difficilmente apprezzo, un ritmo lento, poco descrittivo, volutamente e forzatamente elegante, classico e dall’ironia difficilmente apprezzabile.

La storia è piatta, prende vita in pochi pungenti dialoghi a metà opera ma nulla coinvolge, tutto scorre lentamente non motivando il lettore ad appassionarsi alle vicende narrate.

La scelta dell’autrice di dare unico spazio ai dialoghi, rende questo romanzo una sorta di commedia teatrale a cui il lettore partecipa come spettatore di una scena unica: una discussione che cambia poche e buie ambientazioni, in un fiume opaco di parole soporifere.

“Più donne che uomini” vede sì una forte presenza femminile, ma questo non è sinonimo di forza, eleganza e vitalità tipiche delle giovani donne dell’epoca che iniziavano ad esigere uguaglianza, è invece solamente un numero di maggioranza negli scambi di dialoghi tra persone che non vorrei sinceramente incontrare in un freddo pomeriggio inglese per prendere un tè. Adatto a chi ama le storie austere dove nulla è palese ma libero ad interpretazione e dove quindi l’autrice lascia il grosso del lavoro al lettore.


Ivy Compton-Burnett


Scrittrice britannica nata a Londra, sesta di dodici figli di un noto medico omeopata. Una vita familiare infelice le fornì materiale per i venti romanzi che scrisse, tutti di matrice autobiografica e incentrati sul tema del dispotismo familiare. Premiata e apprezzata da autori di grande prestigio, trascorse un’esistenza piuttosto appartata rifuggendo la fama. Nei suoi diari, Virginia Woolf definiva la propria scrittura «di gran lunga inferiore alla verità amara e alla grande originalità di miss Compton-Burnett».


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