Recensione “Vita segreta della bambola solitaria” di Jean Nathan – Edizioni e/o –

Vita segreta della bambola solitaria

– Jean Nathan–

Le abilità di Dare come sarta erano di gran lunga superiori a quelle necessarie per prendere meglio le misure di un vestito e nascondere la biancheria di Edith. Dare scelse anche di non nascondere i segni dei punti della parrucca della bambola, ma di lasciarli in vista. Mentre l’amore di sua madre era fondato sulla perfezione, Dare poteva amare Edith nel modo in cui lei stessa aveva sempre desiderato essere amata: in maniera incondizionata, anche se imperfetta.

Formato: Copertina flessibile

Genere:  Biografia
Pagine: 360
Editore: Edizioni e/o


Giudizio Sintetico


Alla fine degli anni Cinquanta esce in America un insolito libro per bambini: la storia di una bambola solitaria, The Lonely Doll, che si strugge disperata per avere degli amici, fino a che alla sua porta si presentano due orsetti con i quali riesce finalmente a creare una famiglia. Ad accompagnare il racconto non sono però le solite illustrazioni, ma fotografie in bianco e nero, sorprendentemente realistiche e dai toni noir, di una bambola Lenci e due orsi di peluche. La fiaba, cupa e tenebrosa, conquista subito il favore del giovane pubblico, imprimendosi in maniera indelebile nell’immaginario di un’intera generazione. È solo l’inizio di una serie di successo per la sua autrice, la fotografa ed ex modella Dare Wright.

A quarant’anni di distanza il libro è ormai scomparso dalle librerie e dai cataloghi, ma non dal cuore dei suoi lettori. Tra questi, la giornalista Jean Nathan che si mette sulle tracce dell’autrice, ricostruendone la storia attraverso lettere, diari, vecchie foto e i racconti delle persone che l’hanno conosciuta. E ricompone, tassello dopo tassello, il mosaico di una vita al tempo stesso affascinante e terribile. La vicenda di Dare – donna di bellezza straordinaria e fragilità estrema – attraversa l’intero Novecento, incrociando o sfiorando i destini di personaggi come Greta Garbo, Gayelord Hauser, Calvin Coolidge, Clare Boothe Luce. Ma la sua è soprattutto la storia di una tormentata solitudine e del coraggioso, e tragico, tentativo di sconfiggerla attraverso risorse sconfinate e potentissime: l’immaginazione e la ricerca incessante di un’infanzia perduta.

La vita prova ad insegnarci quotidianamente che le favole non sempre hanno il lieto fine ma anzi, spesso nascono come dure prove personali e acquisiscono consapevolmente la natura più ovvia e semplice della vita stessa, la dura realtà.

Dare Wright, seppur bellissima e dal talento genetico per l’arte e la fantasia  è il perfetto esempio di come le bionde, magre e perfette non sempre sono predestinate ad incontrare il principe azzurro, spesso devono fare i conti con la cancrena della vita quando il batterio che la rovinerà prende la forma meno appropriata e impensabile: quello della madre.

Il tutto inizia con il racconto dell’autrice, Jean Nathan, di un pensiero nato per caso che l’ha portata a scavare nella mente per cercare il ricordo di un libro molto importante della sua infanzia, un racconto illustrato che le ha permesso di salvarsi ancora prima di cadere.

Questo libro, “The Lonely doll”, narra le vicende di una bambola sola che cerca quotidianamente, e senza sosta, qualcuno con cui creare una famiglia, qualcuno da amare e qualcuno che non la lascerà mai più sola.

La bambola Edith incontrerà due orsi che diverranno la sua famiglia e con essi prenderà parte a numerose avventure, narrate e fotografate da Dare Wright.

Jean Nathan vuole sapere che fine ha fatto l’autrice di questa favola fotografica e potrà, attraverso espedienti raccontati nel prologo della biografia, ricreare la vita toccante e struggente di questa donna.

Se Dare ha salvato Jean, Jean ha donato al mondo il ritratto amaro, inquietante e tormentato di una donna che ha vissuto in una gabbia dorata.

 

Come per la sindrome di Stoccolma, Dare ha trovato amore nel carceriere della propria vita, un carceriere che risponde al nome di mamma.

Una madre, ritrattista affermata, possessiva, che ha sempre cercato di prevaricare sulla figlia, di amarla rendendola vuota, sola e inerme, una madre che ha lasciato marito e figlio maggiore perché troppo “attivi” rispetto ai desideri e alla necessità di fama e soldi, una madre che ha controllato, indirizzato, gestito e rovinato la vita di una figlia, rendendola inerme ed incapace di camminare con le proprie gambe.

Dare Wright non conoscerà uomo, padre o amico perché la madre saprà sempre condizionarla, recupererà solamente il rapporto con il fratello in età adulta e potrà vivere solo dei frutti del suo talento, dividendone i meriti sempre con quella madre bellissima ma nociva.

Leggere il libro di Jean Nathan lascia uno squarcio emotivo nel cuore del lettore, non è semplice per me darvi piccoli spicchi di trama senza togliere profondità alla capacità narrativa dell’autrice che sa donare significato e sentimento ad ogni parola.

La narrazione di questa storia, lunga e toccante, dove il lettore attende il riscatto e la forza di una protagonista sola e silenziosa, è accompagnato da fotografie che sembrano ritrarre l’illusione di una vita fittizia, una falsa teatralità dietro a personalità totalmente diverse da come appaiono negli scatti.

Questo libro mi ha coinvolta e rapita, non solo perché frutto di verità e vita vissuta, ma anche e soprattutto per la portata emotiva del contenuto, del peso di ogni persona raccontata e per la ferita che lentamente si apre nel lettore che prende a cuore il passare del tempo di una ragazza sola.

Il libro è diviso in numerose parti che scandiscono le vite dei protagonisti e donano una panoramica completa e approfondita sulle vite di essi.

Consiglio a tutti di leggere “Vita segreta della bambola solitaria” perche amerete la scrittura di Jean, proverete numerosi sentimenti contrastanti e non saprete lasciare le pagine anche terminando  l’ultima di esse senza aver prima chiuso gli occhi e riflettuto sul peso e l’importanza del contenuto di questa biografia.


Jean Nathan si è laureata al Williams College e ha studiato giornalismo alla Columbia School of Journalism. Giornalista e autrice freelance, ha scritto per il New York TimesThe New Yorker e Vogue. Vive a New York.


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