Recensione “La casa nella pineta” di Pietro Ichino – Giunti Editore –

La casa nella pineta

– Pietro Ichino  –

Mi ricordo ancora come fosse ieri la volta in cui volle segnarmi come un marchio a fuoco. Un giorno, nella primavera del 62, eravamo tutti – lui, i miei genitori, le mie sorelle e io – nel bel soggiorno della nostra casa di via Giotto, quando don Lorenzo, facendo un gesto circolare per indicare tutto quel benessere, mi disse:Per tutto questo non sei ancora in colpa; ma dai ventun anni, se non restituisci tutto, incomincia ad essere peccato”.

 

Formato: Copertina rigida

Pagine: 413
Genere: Romanzo/AutoBiografia
Editore: Giunti


Giudizio Sintetico


“La casa nella pineta” è una biografia personale e famigliare ma anche e soprattutto un disegno completo e ricco dell’Italia degli anni 60 e 70, di tutti quei cambiamenti che hanno caratterizzato la storia di quell’epoca.

La casa nella pineta è anche una casa a Forte dei Marmi, una piccola Oasi di pace ereditata e resa completa da Carlo Ichino, nonno di un bambino divenuto uomo che risponde al nome di Pietro Ichino, giurista, politico e giornalista italiano, una delle voci più autorevoli dell’Italia di quegli anni e del presente.

 

Proprio da quella casa versiliese, passata di generazione in generazione, inizia il racconto di Pietro Ichino e del suo percorso di vita, della sua nascita “borghese” e delle scelte personali che lo hanno portato a dedicare la quotidianità al diritto al lavoro e ai movimenti che hanno caratterizzato soprattutto gli anni 60 e 70 del nostro paese.

La famiglia borghese, anzi agiata, e il rapporto con i genitori sotto lo stesso tetto, a Milano e in Versilia, che ha visto succedersi diverse generazioni unite da principi morali, intellettivi e di fede.

Proprio da un incontro avvenuto nella sua casa con don Milani, la vita di Pietro cambierà per sempre, un monito del sacerdote che sembra voler condizionare il futuro del ragazzo, e così sarà.

Parola d’ordine: restituire, donare ai meno fortunati ciò che la vita ha donato a te.

Inizia qui e così il grande impegno di Pietro nel mondo del lavoro, la passione per i diritti dei lavoratori e il grande studio del Diritto del Lavoro.

Pietro Ichino ha saputo sfondare le cinta della casa nella pineta per guardare il mondo con occhi nuovi, occhi limpidi e liberi da agiatezze familiari, mutando e votandosi ad una causa superiore che l’ha iniziato ad una vita nuova, ad un percorso che, nel suo piccolo, ha saputo modificare la società in cui viviamo.

E’ così che inizia il suo percorso da Avvocato “povero”, rinunciando alla carriera nello studio del padre, dedicandosi al movimento operaio e agli ultimi e toccando con mano la precarietà dell’epoca dove le ideologie crollarono in favore del terrorismo e della ricerca dei diritti.

 

“La casa nella pineta” è la storia di una vita, di una famiglia e di una nazione, è lo spaccato perfetto di quattro mura familiari dove tutto può procedere ordinato e dove tutto accade.

Una famiglia che prende nuova strada, grazie alle scelte di Pietro e che, proprio in quelle stanze, vede scorrere i più importanti avvenimenti della storia nazionale:  la CGIL, la corruzione milanese nel 1992, l’assassinio di Calabresi, l’arrivo a Montecitorio e molto altro.

Storie personali e nazionali unite in un racconto che può essere letto come storia singola o collettiva.

Ciò che però emerge con forza da queste pagine è l’esigenza di raccontare e raccontarsi attraverso il profondo messaggio di quanto gli incontri possano cambiare per sempre il destino dei singoli.

Ciò che Don Milani ha rappresentato per Pietro Ichino permette a quest’uomo di far parte della lotta e del cambiamento, di restituire agli altri ciò che per nascita Pietro ha ottenuto.

Un inno alla vita collettiva e all’impegno del singolo per modificare e migliorare le condizioni di tutti.

Una lettura piacevole che, nel mio caso, ha aiutato a conoscere sfumature di una generazione che ha anticipato la mia e che ha visto opporsi lotta di diritto e terrorismo, ma soprattutto mi ha permesso di conoscere la storia famigliare e personale di un uomo che ha anteposto il bene comune a quello personale e che spero di aver colto a pieno.

Sicuramente un invito ad approfondire argomenti e avvenimenti trattati per cogliere maggiormente le sfumature di quegli anni e tutto ciò che li ha caratterizzati.

Ho apprezzato la complessità dei racconti familiari, dei valori e degli insegnamenti, ma anche lo spirito di cambiamento che ha guidato Ichino nelle scelte personali  di vita.


Pietro Ichino
(Milano, 1949) è professore di Diritto del lavoro e avvocato. È stato dirigente sindacale della Fiom-Cgil (1969-73), responsabile del Coordinamento servizi legali della Camera del Lavoro di Milano (1973-79), giornalista pubblicista dal 1970, deputato nel Parlamento italiano nell’ottava legislatura (1979-83) e senatore dal 2008 al 2018. Nel 2009 gli è stato assegnato l’Oscar del Riformista per il miglior parlamentare dell’anno. Ha scritto numerosi libri in materia di lavoro e di diritto, tra i quali, per Mondadori, Il lavoro e il mercato (1996, premio Scanno 1997), A che cosa serve il sindacato? (2005), I nullafacenti (2006), Inchiesta sul lavoro (2011), Il lavoro ritrovato (2015). Collabora con il Corriere della Sera.
www.pietroichino.it


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