Recensione Ascoltare l’infinito di Gheula Canarutto Nemni

L’estate che ho dentro

– Gheula Canarutto Nemni 

 

Formato: Copertina flessibile

Genere: Romanzo
Pagine:  262
Editore: Self

Giudizio Sintetico

Deb è una ragazza orthodox, ebrea osservante, che vive a Milano Indossa la parrucca, mangia cibo kosher, rispetta lo Shabbat. Ma non per questo vuole privarsi del diritto a seguire gli studi universitari e a fare carriera.
Dietro le quinte della società ebraica orthodox e del mondo accademico in cui Deb Recanati proverà a fare valere i proprio diritti di donna, di madre e di ebrea osservante.

Deb Recanati è pronta a fare di tutto pur di realizzarsi sia come madre che come donna. Si sposa a diciannove anni dopo essere uscita in shidduch per due mesi con il futuro marito. E ha un grande sogno: laurearsi, fare carriera e dimostrare che pur essendo donna, moglie e madre ed ebrea osservante, non c’è nulla di più forte della forza di volontà.
La madre, da famiglia orthodox anche lei, una parrucca in testa e una laurea mai messa a frutto, l’avverte: «tenere insieme famiglia e carriera è come se provassi a creare una miscela di acqua e olio. Prima o poi uno dei due sovrasta l’altro».
Entrerete dentro alla realtà di una famiglia ebraica che mangia solo cibo kosher, che separa gli alimenti a base di latte da quelli a base di carne, che al tramonto del venerdì spegne cellulari e computer, che non accende la luce ma imposta un timer per lo spegnimento automatico delle luci in casa e per 25 ore alla settimana, durante lo shabbat, si dedica solo agli ospiti, alla famiglia e alla preghiera.
Un mondo diverso, quello orthodox, pieno di valori antichi, di principi di vita insormontabili, di regole strane, curiose come la parrucca per le donne e la kippà per gli uomini, la separazione fisica per due settimane al mese di marito e moglie, l’immersione nel mikveh, una piccola piscina che purifica la donna prima di potere tornare a unirsi con il coniuge.
Un mondo orthodox, che però forse è più simile al vostro mondo di quello che vi vogliono fare credere.
Perché le difficoltà di conciliazione sono uguali per tutti, perché nessuno nasce già capace di cucinare manicaretti, perché i pregiudizi contro le donne con famiglia non cambiano se in testa porti la parrucca o meno, perché le suocere invadenti sono un elemento universale.
Un mondo parallelo che si inserisce nel mondo reale, della carriera accademica e della difficoltà per le donne di avanzare allo stesso passo dei colleghi uomini.
Riderete, rifletterete, entrerete dentro a una società che da migliaia di anni segue le stesse tradizioni, ma non per questo è pronta a rinunciare a qualcosa.
“Ascoltare l’infinito” è la storia di una ragazza ebrea italiana, è la storia di una studentessa, di una moglie, di una mamma, di una lavoratrice, di una donna, è la storia che accomuna un po’ tutte noi e che quindi un po’ parla anche di me.
Gheula Canarutto Nemni ci racconta la storia di Deb, non sappiamo quanto di autobiografico ci sia in queste pagine, una ragazza ebrea ortodossa che, ancor prima di diplomarsi decide di sposarsi, che prima di iscriversi all’università rimane incinta ma, soprattutto, ci narra una storia con al centro un sogno: quello di una donna che non vuole rinunciare alla creazione di una famiglia e neanche alla possibilità di far carriera e avere un lavoro, realizzarsi e mettere a frutto anni di impegno e rinunce.
È una storia di sacrifici, di idee contrastanti, di una famiglia che evolve attraverso una comunione di idee che spesso si fa strada anche attraverso la forza della religione e della fede.
La storia di Deb mi ha colpita perché ho riconosciuto tanto della mia storia, essendo diventata mamma giovane ed essendomi trovata spesso di fronte al crudo e ingiusto mondo del lavoro, che non sempre premia per merito ma esclude per scelte di vita prese.
Mi hanno colpita tanti elementi di questa storia soprattutto perché mi sono avvicinata al mondo ebreo ortodosso con tutte le sue  tradizioni, le usanze, i termini e tutte quelle caratteristiche che poco conoscevo e che tanto mi hanno affascinato.
Se la trama aveva già temi e argomenti forti, raccontarla attraverso le parole di una cultura di cui ho imparato e scoperto molto, ha avuto il suo valore aggiunto.
Un libro che scorre veloce, nei tempi e nei racconti, sincero – anche dolorosamente – nei confronti della vita lavorativa delle donne nel nostro Paese, ma anche dolce, profondo e ricco di sentimenti genuini come la determinazione, il coraggio, l’amore in tutte le sue forme e la fede.
Pagine ricche in cui è difficile non rimanere affascinati sia dai temi centrali che dalle tematiche culturali e religiose ma soprattutto da una protagonista che parla a tutte noi attraverso la sua esperienza e determinazione.

BIO DAL SITO DELL’AUTRICE:

Mi chiamo Gheula, sono un’ebrea italiana orthodox (sì, il contrario di Unorthodox:) osservante , orgogliosa di appartenere alla nazione più antica del mondo.
Pochi mesi dopo essere uscita in shidduch con il mio futuro marito, mi sono sposata.
Avevo 19 anni, ero innamorata pazza.
Il giorno dopo il matrimonio ho indossato la parrucca.
A 20 anni ho avuto la mia prima figlia. Ho capito di aspettare un bambino quando sono svenuta davanti alla segreteria dell’università.
Mi sono laureata in Economia e Commercio, quando avevo quattro figli in casa ad aspettarmi, ho frequentato un master in amministrazione, finanza e controllo, ho insegnato in Bocconi per otto anni.
Nel frattempo ho contribuito ad innalzare la media nazionale dei figli di qualche punto.
Ho lasciato la docenza per contribuire a migliorare il mondo attraverso le parole.

In Italia si sente molto poco la voce degli ebrei. Forse perché siamo proprio noi a stare troppo in silenzio.
Come piccoli semi gettati nell’aria, prego che i miei pensieri arrivino dove ce n’è più bisogno.


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