Recensione La terra degli déi perduti di Ahmet Ümit

La terra degli déi perduti

– Ahmet Ümit –

Formato: Copertina flessibile

Pagine: 576

Editore: Casa editrice Altano

Giudizio Sintetico

Un abile killer che commette omicidi a Berlino. Un folle che chiama gli dèi dimenticati a risvegliarsi con i suoi omicidi. Un mortale che cerca di diventare un dio perché odia gli umani. Un ragazzo che si prepara a salire sull’Olimpo per regolare i conti con il padre…

Yıldız Karasu, tenace commissario capo della omicidi di Berlino, figlia di immigrati turchi in Germania, e il suo assistente Tobias Becker sono impegnati in un’avventura che parte dalle strade di Berlino, una delle città più colorate, caotiche e suggestive d’Europa, e termina in Anatolia, tra le mura dell’antica città di Pergamo.

Cercando indizi nella serie di omicidi intessuti di mitologia e simboli, i due protagonisti incroceranno la loro strada con neonazisti e immigrati e lotteranno contro i pregiudizi e il razzismo che permea la società.

All’ombra dell’Altare di Zeus e dell’antica Pergamo, La terra degli dèi perduti riporta in vita i miti nel presente, mostrandoci la natura immutabile del crimine attraverso le epoche e le culture.

Immaginate di fare un viaggio tra i miti del passato riportati in vita nei giorni nostri sulla scia di un’indagine di Polizia che segue la pista di una serie di omicidi commessi da un killer a Berlino, questo è ciò che è portato a vivere il lettore che si perde tra le pagine di “La terra degli dèi perduti”. 

Una delle città più roboanti ed eterogenee d’Europa è lo scenario che fa da sfondo a un’indagine condotta da Yildiz Karasu, figlia di immigrati turchi in Germania e ora a capo della squadra omicidi della polizia di Berlino, che insieme al suo assistente Tobias Becker, parte dalla capitale tedesca per giungere all’antica Pergamo. 

La realtà estremamente concreta di una serie di indagini che traggono origine da una delle più grandi città europee si fonde con gli aspetti mitologici antichi riportati alla luce dalla follia di un killer che, proprio con i suoi omicidi, richiama “in vita” antichi dèi dimenticati. 

Una trama appassionante, oltre che accattivante, frutto della genialità di Ahmet Ümit che in questo libro unisce avvincenti aspetti polizieschi a tratteggi di matrice mitologica in grado di dare origine a un libro dal sapore decisamente particolare e adatto ai palati letterari sia di coloro che amano le storie giallo – poliziesche che, di coloro che apprezzano le narrazioni ricche di simbologia e storia. 

Ahmet Ümit è nato a Gaziantep nel 1960, ha studiato all’Università Marmara di Istanbul dove si è laureato nel 1983. Tra il 1985 e il 1986 ha studiato Politica all’Accademia delle Scienze Sociali di Mosca. Autore di più di 20 best-seller, tradotti in 60 lingue con 4 milioni di copie vendute, è il più importante scrittore di gialli della letteratura turca contemporanea. Alcuni dei suoi romanzi sono stati adattati per il grande schermo e la televisione. Attingendo al particolare background politico e storico della Turchia, Ümit approfondisce la psiche dei suoi personaggi e intreccia appassionanti storie di omicidi e intrighi politici.

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