Recensione Rubare l’impossibile di Leonardo Notarbartolo

Rubare l’impossibile

– Leonardo Notarbartolo –

Formato: Copertina rigida

Pagine: 288

Editore: Rizzoli

«Superati sistemi di sicurezza più avanzati al mondo: oltre mezzo miliardo di dollari in diamanti.» La notizia rimbalza in tutto il globo. Sì, la notte del 15 febbraio 2003, ad Anversa, sono stato io a derubare il caveau più sorvegliato del pianeta. La realtà talvolta supera la fantasia. È il caso del colpo messo a segno da Leonardo Notarbartolo e ora trasformato in fiction tv nella serie Prime Video Everybody Loves Diamonds. In effetti, Notarbartolo non è un tipo qualsiasi. Genio criminale assoluto, nei suoi anni di carcere è stato contattato da scrittori, sceneggiatori, e persino da J.J. Abrams e dalla Paramount, che volevano ispirarsi a lui in quanto “ladro più scaltro di sempre”. Ma finora, da buon fuorilegge, era rimasto abbottonato. Adesso, però, avendo terminato di scontare la propria pena, ha finalmente deciso di raccontarsi, descrivendo ogni singolo istante della clamorosa rapina di Anversa, ma anche ritornando indietro sino all’infanzia per svelarci come sia diventato quello che è. Quali moventi biografici possono sviluppare l’impulso a rubare fino a tramutarlo in una “missione di vita”? Come si forgia il codice morale di un aspirante ladro (scopriamo che, per Leonardo, singoli episodi furono le scintille che innescarono un vero e proprio decalogo interiore)? E in che modo si formano le competenze, si affina l’intuizione, si esercita la prontezza necessarie per beffare sistemi di sicurezza, polizie e investigatori? Rubare l’impossibile è un libro unico: autobiografia senza filtri di una mente finissima e inquietante, racconto mozzafiato di imprese criminali (in primis Anversa, ma non solo) e scandaglio della psiche umana, nelle sue pieghe più oscure.

La serie tv avrà del potenziale, vedremo, il libro no.

Una biografia non eccezionale, tanto vittimismo nei confronti dei cattivi del nord, parentesi petulanti e prolisse, 172 pagine di una giovinezza che non dà e non toglie molto, un colpo che aspettiamo di sentir narrato ma che, quando ci arriviamo, non abbiamo più voglia di conoscere.

Ho iniziato questo libro con molta curiosità, conoscere un punto di vista di quello che viene definito il “Lupin” italiano mi incuriosiva molto.

Purtroppo devo dire che puoi avere la storia più interessante del mondo da raccontare, ma se la racconti male perde tutto il fascino.

E qui tutto si perde per strada, un po’ per noia, un po’ per il tono altezzoso, un po’ per gli elementi poco interessanti.

Peccato

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